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“Stretta” impugnazioni per deflazionare processo
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Se il detenuto trascorre abbastanza tempo all’aperto, anche se la cella è piccola, si esclude la detenzione inumana
31 Ottobre 2017

“Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”  (Cassazione Civile, sez. I, sentenza 10 maggio 2017, n. 11504).

L’assegno divorzile trova presupposto nell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, da intendersi come insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità di cui possa disporre, a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio.

Ai fini del calcolo rileva il deterioramento, a causa del divorzio, delle precedenti condizioni economiche, le quali devono essere per quanto possibile ripristinate, per ristabilire un certo equilibrio.

La Corte di Cassazione ha sempre ritenuto che il parametro di riferimento – al quale dover rapportare “l’adeguatezza” o meno dei “mezzi” – è rappresentato dal “tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio stesso, fissate al momento del divorzio” (Cass. n. 3341/1978, Cass. n. 4955/1989, Cass. n. 11686/2013, Cass. n. 11870/2015).

La Cassazione Civile, sez. I, sentenza 10 maggio 2017, n. 11504, ha abbandonato il criterio di adeguamento dell’assegno divorzile al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. La Corte ha stabilito che il criterio del tenore di vita, applicato all’an debeatur, non possa più essere il valido criterio per la determinazione dell’assegno divorzile, proprio perchè, con la sentenza di divorzio il rapporto matrimoniale si estingue sul piano non solo personale ma anche economico-patrimoniale e tale criterio, una volta applicato limitatamente alla dimensione economica del “tenore di vita matrimoniale” ivi condotto, finirebbe per operare un ripristino del vincolo.

Il principio espresso nella suddetta pronunzia è applicabile anche a tutti i processi già pendenti ed avviati prima della pronunzia stessa.


Il parametro di riferimento fondamentale ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile si fonda sul giudizio di adeguatezza-inadeguatezza” dei «mezzi» dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio e sulla “possibilità-impossibilità «per ragioni oggettive»” dello stesso di procurarseli.   Tale assunto è inscindibilmente connesso al raggiungimento dell’indipendenza economica” del richiedente: se si accerta che quest’ultimo è “economicamente indipendente” o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto all’assegno divorzile.

L’accertamento nella fase dell’an debeatur atterrà solo alla persona dell’ex coniuge richiedente l’assegno come singolo individuo, cioè senza alcun riferimento al preesistente rapporto matrimoniale; mentre, nella fase del quantum debeatur è legittimo procedere ad un “giudizio comparativo” tra le rispettive “posizioni” personali ed economico-patrimoniali degli ex coniugi, secondo gli specifici criteri dettati dall’art. 5, comma 6, della Legge n. 898 del 1970 per tale fase del giudizio.

I principali “indici”per accertare, nella fase di giudizio sull’an debeatur, la sussistenza, o no, dell’”indipendenza economica” dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio – e, quindi, l’”adeguatezza”, o no, dei «mezzi», nonché la possibilità, o no «per ragioni oggettive», dello stesso di procurarseli -possono essere così indicati:

a) il possesso di redditi di qualsiasi specie;
b) il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu “imposti” e del costo della vita nel luogo di residenza («dimora abituale»: art. 43, secondo comma, cod. civ.) della persona che richiede l’assegno;c) le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo;d) la stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Il Tribunale, Milano, sez. IX civile, ordinanza 22 maggio 2017, ha subito applicato i nuovi principi specificando che: “Per indipendenza economica deve intendersi la capacità per una persona adulta e sana – tenuto conto del contesto sociale di inserimento – di provvedere al proprio  sostentamento, inteso come capacità di avere risorse sufficienti per le spese essenziali (vitto, alloggio, esercizio dei diritti fondamentali)”. “Un parametro (non esclusivo) di riferimento può essere rappresentato dall’ammontare degli introiti che, secondo le leggi dello Stato, consente (ove non superato) a un individuo  di accedere al patrocinio a spese dello Stato (soglia che, ad oggi, è di euro 11.528,41 annui ossia circa euro 1.000 mensili)”.

Il Tribunale di Milano, adeguandosi ai nuovi criteri di determinazioni, elaborati dalla Corte di Cassazione, ha aggiunto un altro elemento valutativo: l’importo minimo reddituale oltre il quale chi richiede l’assegno divorzile non può ottenerne il riconoscimento. Il reddito mensile minimo, per accedere all’assegno di divorzio, viene fissato in Euro 1.000, mensili.

Il Tribunale di Roma ha seguito l’orientamento della Corte di Cassazione ed ha evidenziato che per la verifica dei criteri dell’an debeatur è il richiedente a dover fornire la prova della insussitenza dei criteri elaborati dalla Corte di Cassazione. Tale principio prevede che sia la parte richiedente a dover dimostrare di essersi attivata per reperire un lavoro consono all’esperienza professionale maturata e al titolo di studi conseguiti. Il coniuge più debole che ha richiesto l’assegno di divorzio non può limitarsi a semplici prove generiche e non circostanziate. Deve, infatti, dimostrare di essere nell’impossibilità – per impedimento fisico o altro – di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Se dovesse limitarsi a dedurre di aver svolto incarichi occasionali non avrebbe sufficientemente provato quanto sopra e perderebbe il diritto all’assegno di divorzio. NomoLex sede di Roma

Fonte: Altalex

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