Il Tribunale di Firenze ha accertato la responsabilità del Ministero della Salute in ordine ai danni per lesione dell’integrità fisica, consistenti nella contrazione di patologie quali l’epatite B, l’AIDS e l’epatite C, a causa dell’assunzione di emotrasfusioni o di emoderivati con sangue infetto.
Nel caso in esame, una paziente contraeva il virus dell’epatite C a seguito di trasfusioni sulla stessa praticate tra il 1985 e il 1988 presso una struttura sanitaria, come accertato dalla Commissione Medica Ospedaliera all’esito del procedimento ad hoc disciplinato dalla Legge 25 febbraio 1992, n. 210 (“Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni”).
Provata la riconducibilità eziologica dell’evento morte alle trasfusioni praticate e esistendo un obbligo ex lege in capo al Ministero della Salute di controllo e vigilanza sulle operazioni di trasfusione, il giudice di merito ha ritenuto sussistente, nel caso oggetto del suo giudizio, una presunzione di responsabilità del Ministero, più volte affermata dalla giurisprudenza, “per il contagio verificatosi negli anni tra il 1979 e il 1989, stante l’avvenuta scoperta scientifica della prevedibilità delle infezioni, individuabile nel 1978, con il conseguente obbligo di controllo e di vigilanza in materia di raccolta e distribuzione di sangue umano per uso terapeutico, presunzione che può essere vinta solo se viene fornita dallo stesso Ministero la prova dell’adozione di condotte e misure necessarie per evitare la contagiosità, a prescindere dalla conoscenza di strumenti di prevenzione specifica”.
Al fine di scalfire la presunzione di responsabilità, il Ministero ha sostenuto di aver emanato una serie di provvedimenti “idonei ad esonerarlo da qualsiasi responsabilità per mancato esercizio della potestà legislativa o da inadempimento o ritardo nella predisposizione di direttive tese a ridurre il pericolo di trasmissione dei virus” dell’epatite B e C. Il giudice di merito ha ritenuto che solo a partire dal 1990 fossero stati emanati provvedimenti adeguati per la realizzazione di un sistema di controllo del sangue da utilizzare per trasfusioni ma che, in ogni caso, la mera attività di normazione fosse da ritenersi non sufficiente ai fini dell’adempimento agli obblighi di controllo e vigilanza gravanti in capo al Ministero.
Non essendo stata fornita alcuna prova idonea a contrastare tale presunzione, il Tribunale di Firenze ha accolto la domanda attorea, dichiarando il Ministero responsabile del danno patito dagli attori ai sensi dell’articolo 2043 del Codice Civile, con conseguente obbligo di risarcire tale danno.
Dato che il diritto risarcitorio deve essere esercitato entro il termine di prescrizione quinquennale di cui all’articolo 2947, comma 1, del Codice Civile, il Tribunale di Firenze ha respinto la domanda risarcitoria proposta iure hereditario, per intervenuta prescrizione del diritto, ma ha accolto la domanda risarcitoria dedotta iure proprio dagli eredi della paziente, proposta entro il termine di cinque anni dalla morte del dante causa (dies a quo della prescrizione del diritto).
Quanto alla liquidazione del danno non patrimoniale meritevole di integrale risarcimento, “da considerarsi inteso nella sua accezione più ampia di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da rilevanza economica”, il Tribunale ha utilizzato i parametri indicati nelle tabelle di Milano e di Roma, determinando il quantum al momento di verificazione del fatto (morte del de cuius) in un importo pari a euro 580.000,00, aumentato degli interessi legali maturati da tale momento a quello di accertamento della responsabilità, con l’obbligo di corrispondere sulle somme così determinate gli ulteriori interessi legali fino al momento di effettivo soddisfacimento delle pretese degli attori.
Fonte: Filo diritto
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