La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25503 del 13 dicembre 2016, ha fornito alcune interessanti precisazioni in tema di nullità del contratto di locazione.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, un soggetto aveva agito in giudizio nei confronti di un altra persona, evidenziando che la propria madre aveva stipulato con il convenuto, nel 2007, un contratto di locazione di un immobile ad uso non abitativo e che il convenuto non aveva mai pagato il canone di locazione.
Di conseguenza, il figlio della locatrice aveva chiesto che il giudice dichiarasse l’avvenuta risoluzione del contratto, con condanna del conduttore al risarcimento del danno “da illegittima occupazione” dell’immobile locato.
Il conduttore si era costituito in giudizio, contestando le domande dell’attore e precisando di non aver mai stipulato un contratto di locazione con la madre dell’attore, “ma solo di averne concordato la futura stipula”.
Il Tribunale di Ravenna, pronunciatosi in primo grado, aveva accolto la domanda proposta dall’attore e la sentenza era stata confermata dalla Corte d’appello di Bologna, la quale aveva ritenuto che, nonostante l’inefficacia del contratto di locazione in questione (che non era stato registrato), l’occupante aveva, comunque, l’obbligo di pagare il canone pattuito, a titolo di corrispettivo per la detenzione, di fatto, dell’immobile.
Ritenendo la decisione ingiusta, il conduttore aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo il ricorrente, in particolare, i giudici dei precedenti gradi di giudizio avrebbero violato l’art. 1575 c.c., nonché l’art. 27 della legge n. 392 del 1978.
Precisava il ricorrente, in particolare, che il contratto di locazione oggetto di contestazione avrebbe dovuto essere dichiarato nullo, in quanto mai registrato, ai sensi dell’art. 1, comma 346, della legge n. 311 del 2004 e lo stesso era, comunque, “inesistente”, in quanto non vi era stato “alcun accordo delle parti in tal senso”.
Pertanto, nulla era dovuto alla presunta locatrice, non essendo mai sorto “alcun vincolo giuridico” tra le parti.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di poter dar ragione al ricorrente, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Osservava la Corte, infatti, che appariva incontestato che il contratto di locazione non era mai stato registrato, precisando in proposito, che l’art. 1 della legge n. 311 del 2004, stabilisce che “i contratti di locazione (…) sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”.
Di conseguenza, secondo gli Ermellini, la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare la nullità del contratto di locazione, ai sensi della succitata disposizione.
Si precisava inoltre, che “la prestazione compiuta in esecuzione d’un contratto nullocostituisce un indebito oggettivo, regolato dall’art. 2033 c.c., e non dall’art. 1458 c.c.”, con la conseguenza che chi ha effettuato tale prestazione ha diritto al risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 2043 c.c., o al pagamento dell’ingiustificato arricchimento, previsto dall’art. 2041 c.c.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto avverso la sentenza di secondo grado, annullando la stessa e rinviando la causa alla Corte d’appello di Bologna, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, sulla base dei principi sopra enunciati.
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