E’ dell’8 maggio 2017 un’interessante pronuncia del Tribunale di Taranto in tema di responsabilità medica.
Nel caso esaminato dal Tribunale, due medici erano stati imputati del delitto di “lesioni personali colpose” (art. 590 c.p.), in quanto gli stessi, in servizio presso il reparto di ortopedia di un ospedale, avevano “per negligenza, imprudenza ed imperizia” causato delle lesioni personali colpose ad un paziente.
Nello specifico, ai medici in questione era stato contestato di aver erroneamente diagnosticato la patologia del paziente (che si era fratturato un gomito), sbagliando in ordine all’intervento chirurgico da effettuarsi ed eseguendo l’intervento programmato con imperizia.
Ebbene, il Tribunale riteneva che, dagli accertamenti effettuati in corso di causa, fosse emersa la responsabilità medica degli imputati.
Evidenziava il Tribunale, infatti, che, dalla consulenza tecnica effettuata, era stato evidenziato che i medici non avevano adeguatamente trattato la frattura-lussazionedel gomito del paziente e che l’intervento chirurgico al quale lo stesso era stato sottoposto non aveva avuto esito ottimale.
Il consulente tecnico, in particolare, aveva ritenuto sussistenti “concreti profili di responsabilità professionale nell’operato dei sanitari della struttura complessa di ortopedia dell’Ospedale”, in quanto “il pur complesso quadro traumatico del gomitodestro” del paziente non era stato oggetto né di adeguate indagini strumentali (…) né di adeguato trattamento chirurgico”.
In considerazione di quanto riscontrato dal consulente tecnico, dunque, il Tribunale riteneva che, nel caso di specie, sussistesse una “evidente responsabilità” degli imputati, dal momento che gli stessi, “a fronte di una rilevazione di tipo strumentale, quale la radiografia eseguita nell’immediatezza dell’incidente, che evidenziava una frattura del capitello radiale”, avevano “dapprima omesso (…) di approfondire questo aspetto mediante un esame più appropriato al caso” e, poi, avevano eseguito un intervento chirurgico inadeguato.
A sostegno di tale decisione, il Tribunale richiamava la sentenza della Corte di Cassazione, n. 41158 del 25.08.2015, nella quale era stato precisato che “in tema di responsabilità del sanitario per condotte omissive in fase diagnostica”, al fine di accertare la sussistenza di un nesso di causalità tra la condotta del medico e l’evento lesivo, è necessario far ricorso ad un “giudizio controfattuale meramente ipotetico”, in modo da accertare, “dando per verificato il comportamento invece omesso, se quest’ultimo avrebbe, con un alto grado di probabilità logica, impedito o significativamente ritardato il verificarsi dell’evento o comunque ridotto l’intensità lesiva dello stesso”.
Nel caso in esame, poiché, successivamente, il paziente era stato sottoposto ad un ulteriore interento ripartivo, che aveva comportato la “stabilizzazione funzionale dell’arto”, appariva evidente, a detta del Tribunale, che, se tale intervento fosse stato eseguito subito, il paziente non avrebbe avuto complicazioni.
Ciò considerato, il Tribunale dichiarava i medici imputati colpevoli del reato di “lesioni personali colpose”, condannandoli anche al pagamento delle spese processuali.
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