Con l’ordinanza n. 20288 del 23 agosto 2017, la Corte di Cassazione ha fornito alcune interessanti precisazioni in tema di diritto di sopraelevazione del proprietario del locale posto all’ultimo piano di un edificio condominiale.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, alcuni condomini di un condominio avevano agito in giudizio nei confronti del condomino proprietario dei locali siti all’ultimo piano dell’edificio condominiale, al fine di ottenere la condanna dello stesso alla demolizione delle sopraelevazioni realizzate e al conseguente risarcimento dei danni subiti per le modifiche apportate.
La Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della decisione di primo grado, emessa dal Tribunale della stessa città, aveva accolto solo parzialmente la domanda dei condomini, ordinando la demolizione delle sopraelevazioni in questione ma rigettando le domande di risarcimento dei danni.
Ritenendo l’ordine di demolizione ingiusto, il condomino condannato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo il ricorrente, in particolare, la Corte d’appello avrebbe dovuto rigettare le pretese degli altri condomini, in quanto prescritte, ai sensi degli artt. 2934 e 2947 c.c.
A detta del ricorrente, in particolare, le pretese degli attori erano soggette a termine di prescrizione quinquennale, essendo le stesse fondate sulla “deduzione del pregiudizio all’equilibrio statico dell’edificio”.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione al condomino ricorrente, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Osservava la Cassazione, infatti, che in caso di “sopraelevazione effettuata dal proprietario dell’ultimo piano che alteri l’aspetto architettonico dell’intero edificio condominiale”, l’azione degli altri condomini volta ad ottenere la demolizione delle opere stesse, “è soggetta a prescrizione ventennale, nell’ipotesi, quale quella in esame, in cui siano le condizioni statiche dell’edificio a non consentire la soprelevazione”, mentre è “imprescrittibile l’azione di accertamento negativo tendente a far valere l’inesistenza del diritto di sopraelevare, mancando un presupposto della sua stessa esistenza”.
Osservava la Cassazione, peraltro, come la Corte d’appello avesse adeguatamente precisato che la sopraelevazione realizzata dal condomino in questione “avesse inciso sui carichi permanenti e sui sovraccarichi accidentali dell’edificio”, mettendo in pericolo, dunque, l’equilibrio statico dell’edificio.
Evidenziava la Cassazione, in proposito, che “le condizioni statiche dell’edificiorappresentano un limite all’esistenza stessa del diritto di sopraelevazione”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione, ritenendo la sopraelevazione illegittima, rigettava il ricorso proposto dal condomino, confermando integralmente la sentenza emessa dalla Corte d’appello.
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