Cassazione Civile, sez. , ordinanza 27/09/2017 n° 22531
Tassa sui rifiuti ridotta per i contribuenti che a causa di un allarme di igiene ambientale subiscono un disservizio grave e perdurante nel tempo anche se il malfunzionamento non sia direttamente ascrivibile all’amministrazione cittadina.
E’ quanto affermato con ordinanza n. 22531 del 27 settembre 2017 dalla Suprema Corte in relazione al secondo motivo di ricorso proposto dalla società contribuente (trattasi del noto e prestigioso Hotel Britannique di Napoli) che deduceva – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 59, nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio per non avere la commissione tributaria regionale riconosciuto il diritto alla riduzione del tributo (dovuto in misura non superiore al 40% della tariffa) per l’annualità del 2008 in conseguenza delle notorie e protratte disfunzioni nella prestazione del servizio di raccolta dei rifiuti nella città di Napoli.
Disfunzioni, peraltro, non derivanti da imprevedibili impedimenti organizzativi, ne’ giustificabili alla luce del regolamento comunale per l’applicazione della Tarsu; secondo cui il diritto alla riduzione non potrebbe trovare riconoscimento qualora il disservizio fosse determinato “da situazioni emergenziali legate alla saturazione degli impianti terminali di conferimento dei rifiuti solidi urbani” (così come eccepito da controparte). Disposizione, quest’ultima, suscettibile di disapplicazione, in quanto illegittima per contrasto con la disciplina statuale. Il 2008, in sostanza era l’annualità in cui sacchetti di immondizia invadevano la via dell’albergo così come la maggior parte delle strade di Napoli, tale da far scattare l’allarme sanitario, recando una pessima immagine agli occhi dei turisti laddove di conseguenza veniva richiesto lo “sconto Tarsu”. Eppure all’Hotel, la riduzione era stata negata perchè il Comune non aveva colpa “delle note disfunzioni”.
Giova ricordare che il Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 59, comma 4 stabilisce che: “se il servizio di raccolta, sebbene istituito e attivato, non si e’ svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione ovvero di esercizio dell’attivita’ dell’utente o e’ effettuato in grave violazione delle prescrizioni del regolamento di cui al primo comma, relative alle distanze e capacita’ dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, da stabilire in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio di raccolta, il tributo e’ dovuto nella misura ridotta di cui al secondo periodo del comma 2” (cioe’ in misura non superiore al 40% della tariffa). Il comma 6 della medesima disposizione prescrive che: “l’interruzione temporanea del servizio di raccolta per motivi sindacali o, per imprevedibili impedimenti organizzativi non comporta esonero o riduzione del tributo. Qualora tuttavia il mancato svolgimento del servizio si protragga, determinando una situazione riconosciuta dalla competente autorita’ sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente secondo le norme e le prescrizioni sanitarie nazionali, l’utente puo’ provvedere a proprie spese con diritto allo sgravio o restituzione, in base a domanda documentata, di una quota della tassa corrispondente al periodo di interruzione, fermo restando il disposto del comma 4“.
Ciò posto, sulla questione Tarsu dalla ordinanza in commento ne derivano importantissimi principi.
Innanzitutto il servizio si deve svolgere in modo ordinato ed agevole in modo che il cittadino possa usufruirne proprio in condizioni di ordinaria ed agevole fruizione. Se questa ordinarietà non si verifica allora la legge di cui all’art. 59 del D.lgs. 507/93 prevede che Tarsu si debba pagare nella misura del 40% ovvero con una riduzione del 60%, laddove si deve verificare un grave disservizio che non rende fruibile il servizio in modo perdurante, e non temporaneo, (così come nel 2008 accadeva a Napoli). Questa riduzione, va specificato, non è una sanzione o un risarcimento danno ma una misura di riequilibrio tra il costo del servizio e la ridotta fruizione da parte del contribuente e quindi prescinde da qualsiasi responsabilità giacchè non prevista dalla legge nella descrizione della fattispecie di riduzione.
Altresì, la disfunzione non deve essere episodica o temporanea ma il disservizio deve durare a lungo nel tempo (tanto è vero che a Napoli il disservizio è stato accertato a livello sanitario).
Ed allora, il contribuente ha diritto alla riduzione indipendentemente dalla responsabilità comunale. Nella fattispecie, infatti, il comune di Napoli si era difeso affermando che questa situazione emergenziale si era verificata non per sua colpa tanto che vi era un commissario straordinario, e che il Comune di Napoli certamente non avrebbe potuto prevedere che gli impianti di raccolta RSU, di competenza del commissario straordinario, si sarebbero saturati a causa del mancato completamento del ciclo di lavorazione dei rifiuti alla termovalorizzazione. Sul punto, la Cassazione, invece nel respingere tale tesi difensiva stabiliva che non aveva alcuna importanza la responsabilità comunale laddove la riduzione e’ purtuttavia dalla legge prevista per il fatto obiettivo che il servizio istituito non venga poi erogato secondo le prescritte modalita’.
Ed ancora, il Comune di Napoli richiamava l’art. 9 del Regolamento Tarsu del Comune di Napoli applicabile ratione temporis, secondo cui il cittadino doveva pagare la tassa per intero qualora il disservizio fosse stato determinato “da situazioni emergenziali legate alla saturazione degli impianti terminali di conferimento dei rifiuti solidi urbani”. La Cassazione ha sconfessato tale tesi difensiva in quanto il regolamento non può contrastare con quanto previsto dalla legge di cui sopra, e con le condizioni dettate da questa. Pertanto, la Cassazione ha disapplicato tale regolamento per contrasto con la disciplina primaria di cui al Decreto Legislativo n. 507 del 1993.
Infine, la Suprema Corte ha evidenziato che il contribuente deve dimostrare che quella riduzione si riferisce a quell’anno di imposta specifico, i danni conseguenti e la tipologia di rifiuti. In sostanza il contribuente deve dimostrare ogni elemento fattuale utile al verificarsi in concreto di un disservizio così come previsto dall’art. 59 citato.
Fonte: Altalex
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