Cassazione Civile, sez. VI-2, ordinanza 25/05/2017 n° 13234
Il Condominio, non partecipe e ignaro dell’accordo simulatorio intervenuto tra un condomino e l’ex amministratore, ove deduca la simulazione delle quietanze relative all’ avvenuto pagamento delle spese condominiali, è da considerarsi “terzo” rispetto a quell’ accordo, con la conseguenza che lo stesso condominio può fornire la prova della simulazione “senza limiti”, ai sensi dell’art.1417 c.c. È quanto stabilito dalla Suprema Corte con la sentenza n.13234/2017.
La quaestio juris posta al vaglio dei giudici di legittimità, con la pronuncia in commento, verte nell’ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo in cui il Condominio, opposto, ha avanzato domanda di simulazione assoluta delle quietanze, relative all’avvenuto pagamento delle spese condominiali, rilasciate dall’ex amministratore a un condomino.
Nel caso di specie sono stati analizzati dalla S. C. diversi profili giuridici quali: gli effetti della simulazione sia tra le parti che rispetto ai terzi, la prova della simulazione e il mandato con rappresentanza.
Orbene, la giurisprudenza in passato prevalente (Cass. civ. 6 marzo 1996 n., 660), non distinguendo tra simulazione assoluta e relativa, riteneva che il contratto simulato fosse da considerarsi nullo, in quanto carente del necessario elemento volitivo, quale elemento essenziale del contratto, richiesto a pena di nullità ex art. 1418, comma 2, c.c.
Sennonchè, successivamente, la Cassazione (Cass. civ. 24 aprile 1996, n. 3857), nel prendere atto che la simulazione opera sul piano degli effetti e non della validità del contratto, ha qualificato il contratto simulato come inefficace, attenendosi a quanto disposto dallo stesso codice civile che qualifica non come nullo, bensì come inefficace il contratto simulato distinguendo l’azione di simulazione dall’azione di nullità.
Difatti, l’argomentazione dottrinale che il negozio simulato non sia voluto dalle parti non trova alcun supporto tecnico, avendo il negozio stesso il precipuo compito di creare l’apparenza. Tant’è che si può assolutamente sostenere che nel contratto simulato convivono due volontà distinte ma collegate e regolate dalla legge con specifica disciplina, che contraddistingue da un lato gli effetti interni della simulazione tra le parti e dall’altro gli effetti esterni della stessa rispetto ai terzi.
Breviter, la duplice direzione in cui si articola la volontà dei contraenti è la seguente: da un lato si vuole il contratto simulato, ossia la creazione di un’apparenza contrattuale da ostentare ai terzi, e dall’altro si dichiara al proprio interno che il contratto tra le parti è inefficace (simulazione assoluta), o che è efficace un altro contratto (simulazione relativa).
Da quanto precede discende la considerazione logica-giuridica che il contratto simulato è sempre suscettibile di una pronuncia di inefficacia tra le parti. Considerazione quest’ultima che non può, invece, sostenersi rispetto ai terzi. Invero, nei confronti di quest’ultimi il negozio simulato può essere efficace o inefficace; difatti, l’art. 1415 c.c. distingue il caso di negozio simulato non pregiudizievole dei diritti dei terzi da quello in cui quest’ultimi siano da esso danneggiati. Di talchè, il negozio simulato sarà inefficace rispetto a quei terzi i cui diritti saranno pregiudicati dal contratto simulato, mentre sarà efficace per quei terzi che, in buona fede, avranno fatto affidamento sull’apparenza creata dal medesimo.
Ciò posto, venendo ad analizzare il caso posto al vaglio del Supremo Consesso, occorre dire che è stato ribadito un principio che può dirsi ormai granitico, ossia che:“il Condominio, non partecipe ed ignaro dell’accordo simulatorio intervenuto tra un Condomino e l’ex amministratore, ove deduca la simulazione delle quietanze relative all’avvenuto pagamento delle spese, è da considerarsi terzo rispetto a quell’accordo”.
A tal uopo, si rappresenta che il codice civile non dà una definizione precipua di terzo; tant’è vero che la nozione di terzo la si può ricavare per definizione dall’art. 1415 comma 2 c.c. che dispone che i terzi possono far valere la simulazione nei confronti delle parti quando essa pregiudica i loro diritti. In dottrina, invece, la nozione di terzo viene ricavata per contrasto con quella di parte.
Sul piano prettamente processuale la Cassazione (Cass. civ. 13 febbraio 2002 n. 2085) ha poi statuito che l’azione di simulazione da parte del terzo nei confronti delle parti postula un interesse correlato all’esercizio di un proprio diritto e, pertanto, qualora tale diritto risulti inconfigurabile, il terzo difetta di interesse a far dichiarare la simulazione del contratto o di uno dei suoi elementi.
Sennonchè, secondo giurisprudenza costante (Cass. civ. 13 febbraio 2002, n. 2085) è considerato terzo il mandante, benché agisca per la simulazione di un contratto concluso dal mandatario in suo nome.
In subiecta materia la giurisprudenza (Cass. civ. 13 febbraio 2002, n. 2085) ha statuito sul rapporto tra il condominio e l’amministratore che quest’ultimo configura un ufficio di diritto privato oggettivamente orientato alla tutela degli interessi individuali dei condomini e realizzante una cooperazione in regime di autonomia con i condomini singolarmente considerati assimilabile, pur con tratti distintivi in ordine alle modalità di costituzione e al contenuto della gestione, al mandato con rappresentanza.
D’altronde anche la L. n. 220/2012 ha normativamente convalidato l’assunto elaborato dalla giurisprudenza, statuendo che, per quanto non disciplinato dall’art. 1129 c.c., si applicano le disposizioni generali del contratto di mandato.
Pertanto, proprio nell’ambito di detto mandato con rappresentanza, la simulazione assoluta del contratto proposta da terzi estranei al negozio (quale, nella specie il rappresentato, rectius il Condominio, che invochi la simulazione del negozio compiuto dal rappresentante a sua insaputa), ai sensi del combinato disposto degli artt. 1417 e 2729 c.c., può essere provata con qualsiasi mezzo anche con presunzioni.
L’espressione “senza limiti” di cui all’art. 1417 c.c., difatti, va correlata con il disposto degli artt. 2722–2725 c.c., concernenti i limiti della prova testimoniale, onde per cui l’accordo simulatorio si configura quale “patto aggiunto o contrario al contenuto di un documento”. Da quanto precede discende che l’ammissione senza limiti della prova testimoniale, concessa ai terzi, significa ammissione di essa per provare l’accordo simulatorio in contrasto con:
a) l’art. 2722 c.c. di un contratto risultante da un documento; b) l’art. 2725, comma 1, c.c., quando per il contratto dissimulato la legge richiede la prova scritta; c) l’art. 2725, comma 2, c.c., quando per il contratto simulato è richiesta la forma scritta a pena di nullità.
La ratio della prefata norma è chiara, difatti, dal momento che per i terzi sarebbe impossibile procurarsi lo scritto che le parti occultano a essi è data la possibilità di provare a mezzo di testimoni ciò che la regola generale preclude.
Dovendosi, ancora, escludere che, in dipendenza della natura della confessione stragiudiziale della quietanza, quale atto unilaterale ricettizio (Poiché consiste in una confessione stragiudiziale del pagamento di una somma di determinata di denaro proveniente dal creditore e rivolta al debitore), possano valere, riguardo alla posizione del terzo (Condominio), i limiti dell’impugnativa della confessione stabiliti dall’art. 2732 c.c., atteso che detti limiti trovano applicazione esclusivamente nei rapporti tra mandatario e il preteso simulato acquirente.
In conclusione, la S. C., richiamando i propri precedenti in materia, ha ribadito il costante orientamento basato sul presupposto che al giudice del merito spetterà il compito di valutare l’opportunità di fondare la decisione sulla domanda di simulazione anche “su elementi presuntivi, da considerare non solo analiticamente ma anche nella loro convergenza globale in quanto idonei a consentire illazioni che ne discendono secondo l’id quod plerumque accidit” (Cass. civ. sez. II 24 aprile 2008, n. 10743). Difatti, facendo corretta applicazione dei principi dettati in materia di presunzione, al giudice del merito spetterà il compito di accertare i fatti (ignoti) posti a fondamento della domanda di nullità del contratto – il carattere simulato della dichiarazione di quietanza e la mancata corresponsione di alcun versamento di somme – attraverso l’analisi motivata e complessiva di una serie di elementi obiettivamente accertati, avendone verificato la gravità, la precisione e la concordanza.
Ciò posto, secondo la S.C., è inammissibile la censura di un giudizio così formulato, in quanto lo stesso risulta sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico. Id est il caso di specie.
Fonte: Altalex
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