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Un cittadino di uno Stato non Ue, familiare di un cittadino dell’Unione, può beneficiare di un diritto di soggiorno nello Stato membro nel quale quest’ultimo ha soggiornato prima di acquisirne la cittadinanza e di sviluppare una vita familiare. Ad affermarlo sono le conclusioni dell’avvocato generale Yves Bot presso la Corte di giustizia europea nella causa C-165/16. In particolare, per garantire l’effetto utile dei diritti conferiti dalla cittadinanza dell’Unione, le condizioni di concessione di tale diritto di soggiorno derivato non dovrebbero, in linea di principio, essere più rigorose di quelle previste dalla direttiva relativa al diritto di libera circolazione dei cittadini dell’Unione.

La vicenda

Un cittadino algerino ha fatto ingresso nel Regno Unito nel 2010 con un visto per scopo di visita valido sei mesi. Successivamente, si è trattenuto illegalmente nel territorio britannico. In quel periodo incontra una cittadina spagnola che si è recata nel Regno Unito come studente nel 1996, ha cominciato a lavorare a tempo pieno nel 2004 e ha acquisito la cittadinanza britannica per naturalizzazione nel 2009.

Nel 2014 i due si sono sposati. A seguito del loro matrimonio, il cittadino algerino ha chiesto una carta di soggiorno in qualità di familiare di un cittadino dello Spazio economico europeo ma invece ha ricevuto la notifica di un avviso, accompagnato da una decisione di allontanamento dal Regno Unito, con la motivazione che aveva superato la durata del soggiorno autorizzato in violazione dei controlli in materia di immigrazione.

Succesivamente, il ministero dell’Interno inglese ha informato il cittadino algerino che la sua domanda di carta di soggiorno era stata respinta. Tale lettera indicava che, secondo la normativa britannica, la moglie non era più considerata una «cittadina» dello See, in quanto aveva acquisito la cittadinanza britannica e, quindi, non beneficiava più dei diritti conferiti dalla direttiva sulla libera circolazione ; pertanto il marito non poteva richiedere una carta di soggiorno in qualità di familiare di un cittadino dello See.

Il cittadino algerino ha quindi proposto ricorso contro la decisione di negare la carta di soggiorno dinanzi all’Alta Corte di giustizia, Inghilterra e Galles. Nutrendo dubbi sulla compatibilità della normativa britannica con il diritto dell’Unione, il giudice ha chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla.

Le motivazioni dell’avvocato generale

Nelle sue conclusioni, l’avvocato generale Yves Bot rileva anzitutto che esiste un nesso inscindibile tra l’esercizio dei diritti che la direttiva ha conferito alla cittadina spagnola e l’acquisizione da parte di quest’ultima della cittadinanza britannica. Sebbene le condizioni di acquisto e di perdita della cittadinanza rientrino nella competenza di ciascuno Stato membro, tale competenza dev’essere esercitata nel rispetto del diritto dell’Unione e le norme nazionali devono rispettare quest’ultimo.

L’avvocato generale afferma poi che la direttiva limita chiaramente il proprio ambito di applicazione personale ai cittadini dell’Unione che soggiornano in uno Stato membro diverso da quello di cui hanno la cittadinanza. Quindi, malgrado l’evidente legame tra l’esercizio dei diritti che tale direttiva ha conferito alla cittadina spagnola e l’acquisizione da parte di quest’ultima della cittadinanza britannica, la sua situazione giuridica è stata profondamente modificata a causa della sua naturalizzazione con riferimento sia al diritto dell’Unione sia al diritto nazionale.

L’avvocato generale ritiene dunque che la cittadina spagnola non rientri più nella nozione di «avente diritto» ai sensi della direttiva. Ne consegue che il suo coniuge non può beneficiare, sulla base della direttiva, di un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro di cui sua moglie ha ormai la cittadinanza.
Tuttavia, ai sensi dell’articolo 21 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, gli Stati membri devono consentire ai cittadini dell’Unione, non aventi la cittadinanza di tali Stati, di circolare e soggiornare nel loro territorio con i loro coniugi ed eventualmente taluni altri familiari non aventi la cittadinanza dell’Unione. L’avvocato generale richiama, a tale riguardo, la giurisprudenza della Corte secondo cui, al fine di garantire l’effetto utile di tale articolo, occorre applicare per analogia le disposizioni della direttiva in caso di ritorno del cittadino dell’Unione nel proprio Stato membro d’origine.

Dal momento che, scegliendo di essere naturalizzata nello Stato membro ospitante (il Regno Unito), la cittadina spagnola ha manifestato la volontà di vivere in tale Stato nello stesso modo in cui sarebbe indotta a vivere nel proprio Stato membro d’origine, tessendo legami durevoli e solidi con lo Stato membro ospitante, l’avvocato generale propone di applicare per analogia la suddetta giurisprudenza al caso di specie.

Di conseguenza, l’avvocato generale ritiene che l’effetto utile dei diritti conferiti dall’articolo 21 Trattato sul funzionamento Ue richieda che un cittadino dell’Unione possa proseguire la vita familiare che ha condotto fino ad allora con il proprio coniuge nello Stato membro di cui ha acquisito la cittadinanza.
L’avvocato generale conclude che le condizioni di concessione di un diritto di soggiorno derivato a un cittadino di uno Stato non Ue, familiare di un cittadino dell’Unione, non dovrebbero, in linea di principio, essere più rigorose di quelle previste dalla direttiva.

Fonte: Diritto24

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