Un nuovo procedimento per lo status di rifugiato. E anche nuovi giudici. Entra in vigore con la pubblicazione sulla «Gazzetta Ufficiale» il decreto legge 17 febbraio n. 13 in materia di immigrazione, approvato una settimana fa dal Cnsiglio dei ministri. Misure che stanno già facendo molto discutere. Sono di pochi giorni fa le perplessità del presidente della Cassazione, Giovanni Canzio, e ancora ieri dal Csm è stata ribadita l’intenzione di un parere, come peraltro è consueto avvenga per tutte le disposizioni sull’organizzazione degli uffici giudiziari.
Cruciale nell’intervento è il cambiamento della procedura di riconoscimento della condizione di rifugiato politico. Perchè è su questo fronte che sono emerse le maggiori difficoltà e che si è reso necessario l’utilizzo di misure d’urgenza. I numeri, infatti, sono eloquenti: in soli dieci mesi, da gennaio ad ottobre 2016, le impugnazioni del diniego amministrativo dello status di rifugiato presentate hanno dato luogo a quasi 38mila nuovi procedimenti davanti ai tribunali. Un esito dell’aumento degli sbarchi di migranti sulle nostre coste, che proprio nell’anno passato ha fatto registrare numeri mai raggiunti (181.436) con un incremento del 18% rispetto al 2015 (153.000).
A fronte di questa situazione il Governo ha reagito con un pacchetto di misure, in larga parte operative solo dal prossimo agosto, che vede anzitutto la costituzione presso 14 tribunali ordinari (Bari, Bologna, Brescia, Cagliari, Catania, Catanzaro, Firenze, Lecce, Milano, Palermo, Roma, Napoli, Torino e Venezia) di sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea con competenza in tema di asilo e immigrazione. Previste nuove applicazioni straordinarie di magistrati presso i tribunali interessati dall’aumento dei procedimenti in materia di protezione internazionale e la formazione specifica dei magistrati ordinari assegnati alle nuove sezioni specializzate, a carico della scuola superiore della magistratura.
Ma le novità più controverse riguardano il procedimento. Sul versante amministrativo è istituita l’obbligatorietà della videoregistrazione del colloquio personale dell’interessato davanti alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. Videoregistrazione che riveste poi un ruolo di primo piano nel caso di ricorso in sede giurisdizionale.
Il procedimento è trattato in camera di consiglio e la fissazione di un’udienza è solo eventuale. Potrà infatti essere decisa dal giudice solo quando, dopo avere preso visione della videoregistrazione, è ritenuta necessaria, oppure quando il giudice stesso ritiene indispensabile chiedere chiarimenti alle parti o, infine, quando dispone consulenza tecnica oppure, anche d’ufficio, l’assunzione di specifici mezzi di prova. Inoltre, l’udienza potrà essere decisa quando la videoregistrazione non è stata messa a disposizione oppure l’impugnazione è fondata su elementi che non sono stati proposti nel corso della procedura amministrativa di primo grado.
L’altro elemento di criticità, oltre a un contraddittorio solo virtuale nella maggior parte dei casi, è determinata dalla cancellazione di un grado di giudizio. Entro 4 mesi dalla presentazione del ricorso, infatti, il tribunale decide sulla base degli elementi disponibili. Tuttavia il decreto non sarà appellabile, ma solo oggetto di ricorso in Cassazione.
Fonte: Diritto24
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