Corte Costituzionale, ordinanza 26/01/2017 n° 24
a) se l’art. 325, paragrafi 1 e 2, del Trattato debba essere interpretato nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dell’Unione, ovvero che prevede termini di prescrizione più brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando tale omessa applicazione sia priva di una base legale sufficientemente determinata;
b) se l’art. 325, paragrafi 1 e 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea debba essere interpretato nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dell’Unione, ovvero che prevede termini di prescrizione più brevi per frodi che ledano gli interessi finanziari dell’Unione di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando nell’ordinamento dello Stato membro la prescrizione è parte del diritto penale sostanziale e soggetta al principio di legalità;
c) se la sentenza della Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione europea, 8 settembre 2015, debba essere interpretata nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dell’Unione europea, ovvero che prevede termini di prescrizione più brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando tale omessa applicazione sia in contrasto con i principi supremi dell’ordine costituzionale dello Stato membro o con i diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione dello Stato membro.
Secondo la Consulta, spetta ai giudici di Lussemburgo stabilire se l’art. 325 del Trattato imponga al giudice italiano di disapplicare le norme interne sebbene ciò possa creare importanti problemi di compatibilità con il nostro ordinamento. In particolare, la sentenza 8 settembre 2015, in causa C-105/14, punto di partenza del ragionamento della Corte, aveva evidenziato una disparità di trattamento in tema di frodi sull’IVA, avente natura eurocomunitaria, perseguite con norme meno rigide rispetto a quelle contemplate per le frodi che ledono gli interessi finanziari del nostro Stato.
Appare evidente, continuano i giudici, che la disapplicazione della normativa interna, come richiesto dalla Corte Europea, lederebbe gli interessi dell’imputato il quale dovrebbe subire termini prescrizionali molto più lunghi rispetto a quelli “brevi” previsti dal nostro ordinamento, in tema di frodi IVA, soprattutto in considerazione del fatto che tale disapplicazione da parte del nostro giudice penale non sarebbe coperta da una base legale sufficientemente determinata, e quindi in contrasto con il superiore principio di legalità.
Fonte: Altalex
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