Corte Costituzionale, sentenza 25/11/2016 n° 251
Arriva una parziale bocciatura per la legge di riforma della Pa (cd. “Legge Madia”, dal nome della Ministra proponente). Con sentenza 25 novembre 2016, n. 251, la Corte Costituzionale ha infatti dichiarato la illegittimità costituzionale di alcune disposizioni della Legge 7 agosto 2015, n. 124, recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”.
La Regione Veneto aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale della legge delega nella parte in cui avrebbe violato le prerogative e le competenze regionali.
Ricordiamo che le deleghe conferite al Governo interessano un ampio ventaglio di settori della Pa: dirigenza pubblica, cittadinanza digitale, pubblico impiego, società partecipate, servizi pubblici locali.
Un coacervo di temi che influiscono su varie materie attribuite alla competenza sia della Stato, sia delle Regioni, sia – in taluni casi – degli enti locali.
In casi come questi, precisa la Corte, per valutare se vi sia o meno una violazione delle regole costituzionali di riparto delle competenze, è necessario verificare la possibilità di individuare una materia prevalente di competenza statale; una materia, cioè, alla quale ricondurre in modo prevalente “il disegno riformatore nel suo complesso”. Questa prevalenza escluderebbe infatti la violazione delle competenze regionali.
Se invece non è possibile individuare una materia prevalente di competenza statale, ma un “intreccio inestricabile” di materie di competenza concorrente di Stato e Regioni, occorre rispettare il “principio di leale collaborazione” e coinvolgere nel processo legislativo le Regioni e gli enti locali, a difesa delle loro prerogative.
Lo strumento ideale per realizzare la “leale collaborazione” è l’intesa da raggiungere in sede di Conferenza Stato Regioni o di Conferenza Unificata (a seconda che siano in discussione solo interessi e competenze statali e regionali o anche degli enti locali).
La Corte precisa che la concertazione è un passaggio procedurale necessario anche quando la normativa statale deve essere attuata con decreti legislativi delegati.
Sulla base di queste premesse, la Corte ha respinto le censure sollevate dalla Regione riguardanti la delega per la modifica del Codice dell’amministrazione digitale; qui infatti è individuabile una materia di prevalente competenza statale, quella del “coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale”; essa permette “la comunicabilità tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione in vista della piena realizzazione dell’Agenda digitale italiana, nel quadro delle indicazioni provenienti dall’Unione europea” e risponde all’esigenza primaria di offrire ai cittadini garanzie uniformi su tutto il territorio nazionale nell’accesso ai dati personali e ai servizi (esigenza riconducibile alla competenza statale in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni dei diritti civili e sociali).
Diverso è il discorso per quanto riguarda le deleghe per il riordino della dirigenza pubblica, per la riforma del pubblico impiego, delle società partecipate e dei servizi pubblici locali di interesse economico generale, approvate dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 25 novembre scorso: si tratta di settori che incidono su una pluralità di materie e di interessi nei quali si realizza un intreccio inestricabile di competenze statali (ordinamento civile, tutela della concorrenza, principi di coordinamento della finanza pubblica) e regionali (organizzazione amministrativa regionale, servizi pubblici locali e trasporto pubblico locale).
Da qui la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme censurate, nella parte in cui si prevede che i decreti attuativi siano adottati sulla base di un mero parere delle Regioni (strumento non idoneo a realizzare un confronto autentico con le autonomie regionali) e non invece di un’intesa, da attuarsi in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Quanto ai riflessi della pronuncia di incostituzionalità sui decreti attuativi, la Corte precisa che l’illegittimità riguarda le disposizioni sono solo nella parte in cui prevedono che i decreti legislativi siano adottati previo parere e non previa intesa.
Fonte: Altalex
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