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Il Collegio ha ritenuto che, in tema di calamità naturali, una società, e comunque il privato, possa chiedere, entro il termine previsto dal decreto della Giunta regionale a pena d’inammissibilità, un sostegno economico per realizzare i relativi interventi edilizi all’immobile colpito dal terremoto: così, in caso di presentazione tardiva dell’istanza ad hoc, la P.A. locale ha titolo per revocare l’ammissione al contributo pubblico.

Cons. Stato Sez. V 12/10/2016, n. 4217

Il principio si argomenta dalla sentenza del Consiglio di Stato Sez. V n. 4217/2016, decisa il 21 luglio e depositata il 12 ottobre 2016.

IL CASO
Dopo otto anni dal terremoto, una s.r.l., a seguito di relativa domanda da parte del rappresentante legale, otteneva, dal Comune, il permesso di costruire per eseguire un intervento di riparazione/ricostruzione di un Palazzo monumentale di proprietà, poi acquistato in proprio dal medesimo soggetto (rappresentante legale della s.r.l.) che successivamente ne alienava una parte ad altra s.r.l. di cui lo stesso era rappresentante legale: dopo circa nove anni, però, il Comune annullava il permesso relativo al Palazzo, peraltro già oggetto di ordinanza di sgombero, nella parte in cui la società era stata ammessa, nonostante la tardiva presentazione della domanda, al contributo pubblico, peraltro mai erogato per insufficienza dei fondi stanziati. Il privato riceveva avviso di tale provvedimento dopo la sua emissione.

LA DECISIONE
E’ legittima, e va pertanto confermata, la sentenza di merito relativamente ad un provvedimento del Comune con cui, accertata la presentazione della domanda oltre il termine, venga disposto, dopo circa nove anni, l’annullamento parziale, in autotutela, del permesso di costruire relativamente alla concessione del contributo post-sisma.

I PRECEDENTI ED I POSSIBILI IMPATTI PRATICO-NORMATIVI
In primis, vanno richiamati gli artt. 2, 3, 24, 97 e 117 Cost., 10 e 21-nonies l. n. 241/1990, 112 c.p.c. nonché la l. n. 61/1998.

Bisogna, quindi, focalizzare, sul piano logico-giuridico, sui concetti di danno, procedimento, provvedimento, diritto, obbligo ed onere.

Prima facie, si potrebbe pensare ad una sorta di inderogabilità, ex se, del diritto ad actum e di efficacia, sine conditione, del provvedimento amministrativo già rilasciato.

Apparentemente, quindi, bisognerebbe stabilire se: a) sia possibile chiedere un contributo pubblico per eseguire interventi edili su immobili privati; b) spetti alla Regione fissare e/o differire il termine per la presentazione della domanda; c) sia possibile concedere, con un unico provvedimento, il permesso di costruire e l’ammissione al contributo pubblico; d) vi sia un tempo dal sisma per il rilascio del permesso e l’ammissione e l’erogazione del contributo; e) la P.A., dopo nove anni, possa auto-annullare il provvedimento rilasciato.

In realtà, sul piano procedurale, la principale osservazione inerisce la legittimazione ad agire, rectius a ricorrere, sussistente quando il soggetto ha interesse all’annullamento giurisdizionale del provvedimento (Cons. Stato Sez. IV 14-04-2014 n. 1826).

Sotto il profilo formale, tre le osservazioni da effettuare.

La prima sulla potestà del Comune: a riguardo, va notato che a tale Ente spetta la verifica dell’ammissibilità delle istanze in subiecta materia, della completezza dei progetti, del successivo rilascio dei titoli edilizi e della concreta erogazione del contributo.

La seconda, anche quale sub-osservazione, sulla strutturazione del procedimento in fasi tra loro autonome: così, il Soggetto titolare del potere concessorio può annullare o revocare il proprio provvedimento emesso e, dunque, esercitare, all’interno e relativamente alla fase di propria competenza, il potere di autotutela e ciò non determina alcuna situazione o ipotesi di “concentrazione” di potere. In tal senso, la Regione non può esercitare alcun veto.

Segnatamente, è valido e non è annullabile il nuovo provvedimento di natura vincolata emesso in annullamento di precedente per violazione di norme sul procedimento: ciò in quanto non trattasi di attività discrezionale, per la P.A., ma ope legis.

Peraltro, il nuovo provvedimento, se motivato su più argomenti tra loro autonomi, non è annullabile se tutti non siano stati censurati o alcuni di essi siano stati sottratti a censure.
La terza sull’avviso comunicato, dal Comune al privato, dopo l’esercizio dell’autotutela: sul punto, va sottolineato che non è invocabile, da parte del privato, l’azione di annullamento se la parte non abbia provato, anche in via indiziaria, che la propria partecipazione procedimentale avrebbe condotto ad un provvedimento, anche soltanto in parte, diverso.

Anche sul piano sostanziale, tre le osservazioni.

La prima sugli (eventuali) effetti del mutamento soggettivo nella proprietà dell’immobile danneggiato ed oggetto di istanza di contributo: esso non determina decadenza dal contributo se il relativo preliminare di compravendita sia stato stipulato prima della data stabilita dalla legge per la richiesta (dello stesso contributo).

La seconda sulla natura giuridica, sanzionatoria, del provvedimento di autotutela.

La terza sulla non invocabilità del principio dell’affidamento in quanto, trattandosi di contributo ad tempus ed essendo stato richiesto tardivamente ab origine, esso è giuridicamente insussistente, e non perché il contributo non sia stato erogato (Cons. Stato Sez. III nn. 4026/2013 e 3452/13).

De iure condito, il danno da calamità naturale subìto dalla proprietà privata conferisce al privato stesso una duplice e contestuale situazione giuridica costituita dal diritto di richiedere il contributo a carico dello Stato entro un termine perentorio, a pena di decadenza: tale inadempimento sui generis, anche se non fonte di responsabilità tout court, consente alla stessa P.A. concedente la ri-edizione in peius dell’azione amministrativa per assenza di sinallagma-presupposto.

Rebus sic stantibus, il primo ed il secondo provvedimento finale vanno scissi tra l’azione del privato e quella della P.A.: sussistendo nell’impiego delle risorse della P.A. attualità e concretezza dell’interesse pubblico, il nuovo differente provvedimento pubblicistico non è lesivo e non genera alcun tipo di responsabilità per la P.A. re-agente.

In altri termini, la prestazione pubblicistica non è, a priori ed in re ipsa, accessoria e/o strumentale (e quindi “inevitabile”) rispetto al diritto di proprietà.

E’, così, irrilevante la mancata erogazione del contributo richiesto, ed inizialmente concesso, per insufficienza dei fondi stanziati. Altresì, è indifferente: la ragione sociale della società richiedente; che l’edificio, oggetto dell’istanza di contributo, sia (stato) già oggetto di ordinanza di sgombero; il carattere monumentale dell’immobile; la posizione “debole” del privato richiedente; che il soggetto richiedente sia, contemporaneamente, rappresentante legale di due società.

In tal senso, non si configura alcuna violazione del diritto di proprietà nonché alcun contrasto tra legislazione nazionale e disciplina regionale.

Appare, quindi, attualmente condivisibile l’orientamento del Consiglio di Stato secondo cui, (anche) in ambito di rapporti “edilizio-economici” tra Pubblica Amministrazione e privato, l’Ente pubblico territoriale a quo è legittimato ad esercitare, in autotutela, (anche) la propria azione amministrativa ad quem (T.A.R. Marche-Ancona Sez. I 03-07-2015 n. 567): la P.A., infatti, può sempre opporsi al versamento di oneri patrimoniali ingiustificati e, dunque, all’adempimento di crediti tamquam non esset.

Fonte: Diritto 24

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