Cassazione Civile, sez. VI, ordinanza 28/09/2016 n° 19061
La VI sezione civile della Corte di Cassazione chiamata ad esprimersi in punto di giurisdizione relativamente all’individualizzazione dell’Autorità giudiziaria competente a dirimere le controversie insorte a seguito dei rapporti contrattuali tra professionista e consumatore ha affermato il seguente principio di diritto:
“Qualora in un contratto fra professionista e consumatore venga pattuita una clausola di individuazione di una competenza convenzionale esclusiva sulle controversie originanti dal contratto in luogo diverso da quello del foro del consumatore e, quindi, da presumersi vessatoria ai sensi della lettera u) dell’art. 33, comma 2, del d.lgs. n. 206 del 2005 e, conseguentemente, nulla ai sensi dell’art. 36 dello stesso d.lgs., in mancanza di esito positivo dell’accertamento della non vessatorietà ai sensi dell’art. 34 del medesimo d.lgs., ove il professionista convenga in giudizio il consumatore davanti al foro a lui riferibile, nel convincimento (espresso o implicito) della vessatorietà della clausola, compete al consumatore che eccepisca l’esistenza della clausola convenzionale dare la dimostrazione che essa non era vessatoria e, quindi, provare la ricorrenza di alcuno degli elementi contrari alla vessatorietà indicati dal citato art. 34, come quello indicato dal suo comma 4. In mancanza la causa deve ritenersi correttamente radicata dal professionista presso il foro del consumatore convenuto.”
Il D.Lgs. 206/2005 (Codice del Consumo) riunisce sotto un’unica disciplina organica tutte le norme vigenti in materia di rapporti contrattuali tra consumatori e professionisti, in attuazione di una serie di direttive di matrice europea, in una ottica semplificazione e del coordinamento al fine di tutelare i consumatori.
Tale disciplina conferisce centralità alla figura del consumatore quale parte contrattuale debole, unitamente alla previsione di una serie di strumenti di tutela con la finalità primaria di rafforzarne la protezione, quale parte più deboli dei rapporti di consumo.
Tra le molteplici forme di tutela ivi previste vi è la disciplina ex artt. 33-38 D.Lgs. 206/2005 alla stregua del quale sono considerate vessatorie le clausole inserite in un contratto, concluso tra un professionista e un consumatore, che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. Lo status di consumatore, ovvero la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività professionale eventualmente svolta, acquista, nella disciplina delle clausole vessatorie, un significato di parte contrattuale economicamente debole che si interfaccia nello svolgimento della dinamica contrattuale con il professionista, ovvero la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, ovvero un suo intermediario. Per eliminare questo squilibrio il Codice del consumo considera nulle ( c.d. nullità di protezione) le clausole elencate nell’art. 33, a meno che siano state oggetto di una trattativa individuale.
L’art. 33, comma 2, del d.lgs. 206/2005, nel prevedere che si presumono vessatore una serie di clausole che provvede ad elencare, fra cui, ai sensi della sua lettera u) quella che stabilisce come foro della controversia un luogo diverso da quello di residenza o domicilio elettivo del consumatore, stabilisce che la presunzione opera fino a prova contraria.
Più precisamente il foro esclusivo del consumatore individua il Giudice presso il quale debbono essere promosse le azioni giudiziarie, le cui parti siano un consumatore e un professionista.
In tal modo il Legislatore ha inteso favorire le esigenze del consumatore, in virtù anche delle particolari modalità con cui sono redatti (sottoscrizione di moduli o formulari predisposti) e sottoscritti (contratti negoziati fuori dai locali commerciali e a contratti a distanza) questi tipo di contratti nonchè al fine di evitare che il consumatore sopporti i costi di una difesa da svolgersi fuori dai luoghi nei quali egli risiede abitualmente.
La Suprema Corte, conformandosi all’orientamento prevalente, afferma che il consumatore può rinunciare al foro inderogabile fissato ex legedall’art. 33 D.Lgs 206/2005 laddove agisca in giudizio come attore, in quanto le disposizioni previste dalla summenzionata Legge sono previste a sua specifica tutela quale parte debole del rapporto contrattuale.
Nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte l’iniziativa giudiziaria è stata assunta dalla Banca attrice attraverso il procedimento per decreto ingiuntivo, pertanto i consumatori hanno assunto la posizione di attori in senso formale e di convenuti in senso sostanziale a seguito della proposizione della opposizione a decreto ingiuntivo che da vita ad un ordinario giudizio di cognizione.
Operata questa premessa i resistenti, dunque non attori, non potevano eccepire la incompetenza territoriale del Giudice adito da parte attrice limitandosi ad una generica affermazione circa la loro facoltà di rinunciare ad avvalersi del foro del consumatore ma avrebbero dovuto fondare tale eccezione fornendo la prova che la clausola contrattuale che fissava la competenza in luogo diverso rispetto al foro del consumatore non era affetta da nullità perché validamente sottoscritta previa specifica trattativa privata.
Più precisamente nel caso in cui il consumatore venga convenuto fuori dal luogo di sua residenza o domicilio in un luogo determinato da una clausola contrattuale derogatoria del foro ex lege, la presunta vessatorietà della clausola negoziale e, quindi, la nullità c.d. di protezione della relativa clausola , opera fino a prova contraria dell’esistenza di una trattativa individuale (a norma dei commi 4 e 5, art. 36). La stessa vessatorietà deve essere scrutinata in concreto alla stregua dell’apprezzamento di cui al comma 1, stesso art. 36, di tal che l’eccezione di incompetenza potrà essere esclusa se sia stata provata la trattativa tra le parti contrattuali.
La Corte di Cassazione conclude affermando “che allorquando il professionista, come nel caso di specie, nel presupposto che la clausola derogatoria sia nulla agisce chiamando in giudizio il consumatore presso il foro a lui riferibile come tale a norma dell’art. 33, lett. u) e, quindi, nell’implicita prospettazione che la clausola non sia stata frutto di trattativa individuale, il consumatore convenuto che invece ritenga valida la clausola convenzionale derogatoria e voglia superare la presunzione di vessatorietà e, dunque, sostenere che il foro della controversia doveva essere quello della clausola convenzionale pur non coincidente con il c.d. foro del consumatore, è onerato, quale elemento costitutivo dell’eccezione di incompetenza per territorio del Giudice adito, di dedurre e dimostrare che vi era stata una specifica trattativa e che, pertanto, non essendo la clausola vessatoria, la clausola contrattuale derogatoria era legittima.“
Fonte: Altalex
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