Il venditore di vettura usata è tenuto alla garanzia per i vizi occulti, anche se la vendita sia avvenuta “nello stato come vista e piaciuta”, a prescindere dal fatto che la presenza di essi non sia imputabile al venditore, ma esclusivamente a vizi di costruzione del bene venduto.
La pronuncia in commento è degna di rilievo in quanto chiarisce in modo perspicuo come vada interpretata la clausola “vista e piaciuta” posta all’interno di un contratto di compravendita di un bene mobile usato, nel caso di specie un’auto.
L’attrice citava in giudizio il venditore della macchina al fine di ottenere la condanna alla ripetizione della somma di circa 4.000,00 € per i vizi riscontrati sull’auto oltre alla riduzione del prezzo di compravendita (actio quanti minoris). In particolare, la volkswagen in oggetto era stata alienata per l’importo di 26.000,00 €, in sede di acquisto il venditore aveva assicurato che l’autovettura era in buone condizioni e che non aveva mai subiti incidenti né presentava vizi. Una volta acquistata e lanciata in autostrada, la compratrice aveva notato rumori preoccupanti e, in ragione di ciò, si era rivolta ad un’officina convenzionata. Il meccanico aveva accertato che la rumorosità era dovuta alla rottura dell’avantreno anteriore non derivante da urto.
Il Giudice di Pace accoglieva la domanda dell’istante, mentre il Tribunale di Milano la rigettava. Il giudice d’appello, infatti, aveva ritenuto che la clausola “vista e piaciuta” determinasse una limitazione della garanzia per vizi, in virtù della quale il compratore accettava senza alcuna riserva il bene allo stato in cui appariva, rinunciando alla garanzia per vizi, anche quelli occulti. Avverso la sentenza di secondo grado veniva proposto ricorso in Cassazione.
La Suprema Corte disattende il percorso argomentativo seguito dal tribunale meneghino. In particolare, sottolinea come la mera presenza della clausola “vista e piaciuta” non sia sufficiente, di per sé, ad escludere la garanzia per vizi1 di cui all’art. 1490 c.c.. L’auto, infatti, era stata “accettata” nello stato in cui si trovava all’esito delle verifiche effettuate prima dell’acquisto e delle rassicurazioni fornite dalla venditrice circa il buono stato conservativo del mezzo. La Suprema Corte sottolinea come la garanzia contenuta nell’art. 1490 c.c. trovi applicazione anche nel caso di beni usati, dovendo ritenersi il vizio occulto preesistente alla conclusione del contratto, ben distinto dal semplice logorio del bene, dovuto al normale uso dello stesso. È pur vero che le parti sono libere di derogare al regime legale, come previsto dal secondo comma della citata norma, nondimeno la mera presenza di una clausola di stile non è sufficiente ad integrare siffatta deroga. Infatti, «la garanzia per i vizi della cosa oggetto della compravendita è esclusa dalla clausola “vista e piaciuta” – la quale ha lo scopo di accertare consensualmente che il compratore ha preso visione della cosa venduta – qualora si tratti di vizi riconoscibili con la normale diligenza e non taciuti in mala fede»2. Ne consegue che la clausola non possa escludere i vizi occulti, vale a dire quei vizi che si palesano successivamente ai controlli di rito (pre-acquisto) e si manifestano con l’uso effettivo del bene. Del resto, proseguono gli Ermellini, «l’espressione “vista”, se priva di precisazioni rafforzative, inequivocabilmente allude solo ai vizi agevolmente riscontrabili dall’acquirente al primo esame». Al di là delle summenzionate argomentazioni, i supremi giudici si soffermano sull’interpretazione del regolamento contrattuale e precisano come sarebbe contrario alla buona fede ed all’equità del sinallagma sostenere che la clausola de qua possa sollevare il venditore dalla garanzia per i vizi occulti. Questo non significa che la clausola sia inefficace, ma semplicemente che la sua portata applicativa risulta limitata ai vizi riconoscibili ictu oculi o a quei vizi che avrebbero potuto essere conoscibili con un diligente controllo del bene. La piana accettazione dei vizi occulti determinerebbe un ingiustificato squilibrio del sinallagma contrattuale. In altre parole, con quel sintagma si intende riferirsi allo stato apparente in cui si trova il bene compravenduto, cioè così come possa essere, ragionevolmente, percettibile e manifesto.
In conclusione, la Suprema Corte, alla luce dei principi contrattuali di equità, di buona fede e di un corretto sinallagma del contratto, accoglie il ricorso affermando che «il venditore di vettura usata è tenuto alla garanzia per i vizi occulti, anche se la vendita sia avvenuta “nello stato come vista e piaciuta” e, ciò, a prescindere dal fatto che la presenza di essi non sia imputabile ad opera del venditore, ma, esclusivamente, a vizi di costruzione del bene venduto».
Fonte: Professione Giustizia