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Spesso le sentenze emesse dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, non è la prima volta che lo scriviamo, sono dei veri e propri trattati riassuntivi della materia oggetto della decisione. Anche in questo caso (SS. UU. Sentenza n. 18214 del 17/09/2015) ci si accorge, alla lettura delle motivazioni, che si è di fronte ad una sorta di “bignami” della materia locatizia avendo la capacità, la S.C., di tratteggiare in poche e accurate frasi l’escursus storico dell’istituto. Un provvedimento che merita una lettura integrale.

In contemporanea alla stesura della questione riguardante la sorte del contratto di locazione quando sia stato pattuito un supplemento di canone extra contratto (e quindi “in nero”) le Sezioni Unite affrontano in questa diversa Sentenza anche l’argomento della forma del contratto di locazione.

Il caso posto all’attenzione della Corte di Cassazione riguardava un contratto di locazione conclusosi verbalmente. A seguito di richiesta di sfratto per morosità, parte conduttrice proponeva opposizione (la vicenda è più complessa ma per un approfondimento si rimanda alla lettura della sentenza).
Il Tribunale (primo grado), “con riguardo alla mancanza di forma scritta, … affermò che l’eventuale nullità del negozio poteva essere fatta valere dalla sola parte conduttrice, trattandosi di una nullità relativa“. Di diverso avviso la Corte d’Appello secondo la quale ” … il contratto di locazione intercorso tra il C. e la C.-C. fosse nullo per difetto dell’imprescindibile requisito della forma scritta, richiesta ad substantiam dall’art. 1, comma 4, della legge n. 431 del 1998“.

La realtà giurisprudenziale e dottrinale in materia, come ricorda la stessa S.C., in verità è ancor più complessa, intersecandosi la questione anche con quanto oggetto della pronuncia di cui sopra abbiamo detto (Sent. n. 18213/15).

Dovendosi schematizzare i precedenti orientamenti, la Corte indica questi tre filoni:
1) la giurisprudenza di merito sembra aver privilegiato quasi unanimamente l’interpretazione secondo la quale la forma scritta del contratto di locazione sia richiesta ad substantiam;
2) anche se isolate, esistono in senso opposto altre pronunce di merito, secondo cui la mancanza di una espressa previsione della sanzione della nullità dovrebbe indurre a ritenere che la forma scritta richiesta per il contratto di locazione di immobile ad uso abitativo sia soltanto ad probationem, e non un requisito essenziale del contratto;
3) infine secondo un terzo filone interpretativo si ritiene necessaria la forma scritta ad essentiam, limitando, peraltro, la rilevabilità della nullità in favore del solo conduttore nella specifica ipotesi di cui all’art. 13, comma 5 della I. n. 431 del 1998, che gli accorda una speciale tutela nel caso in cui gli sia stato imposto, da parte del locatore, un rapporto di locazione di fatto, stipulato soltanto verbalmente.

La questione rimessa a queste sezioni unite consisteva in questo articolato e complesso questito: “se, in materia di locazioni abitative, l’art. 1, comma 4, della legge n. 431 del 1998, nella parte in cui prevede che «per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta», prescriva il requisito della forma scritta ad substantiam ovvero ad probationem, e, nel primo caso, se l’eventuale causa di nullità sia riconducibile alla categoria delle nullità di protezione alla luce della disposizione di cui all’art. 13, comma 5 della stessa legge, a mente del quale “Nei casi di nullità di cui al comma 4 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, può richiedere la restituzione delle somme indebitamente versate. Nei medesimi casi il conduttore può altresì richiedere, con azione proponibile dinanzi al pretore, che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 2 ovvero dal comma 3 dell’articolo 2. Tale azione è altresì consentita nei casi in cui il locatore ha preteso l’instaurazione di un rapporto di locazione di fatto, in violazione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 4, e nel giudizio che accerta l’esistenza del contratto di locazione il pretore determina il canone dovuto, che non può eccedere quello definito ai sensi del comma 3 dell’articolo 2 ovvero quello definito ai sensi dell’articolo 5, commi 2 e 3, nel caso dí conduttore che abiti stabilmente l’alloggio per i motivi ivi regolati; nei casi di cui al presente periodo il pretore stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti“.

Le Sezioni Unite dichiarano fin da subito di prediligere la soluzione sopra indicata sub 3).

Nel motivare la propria decisione le Sezioni Unite ricordano che la legge n. 431 del 1998 ha previsto, testualmente, che, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, “per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta“. Scopo precipuo della nuova normativa (innovativa sul punto rispetto alla c.d. legge “equo canone”) era quello della “stabilizzazione dei rapporti” e del “controllo dell’evasione fiscale”; scrive la Corte: “La prescrizione della forma scritta, difatti, appare volta essenzialmente a tutelare l’intereresse alla trasparenza del mercato delle locazioni in funzione dell’esigenza di un più penetrante controllo fiscale, esigenza avvertita in modo significativo in un settore dove, come poc’anzi ricordato, a causa della precedente disciplina dirigistica il fenomeno dell’evasione era divenuto inarginabile. E proprio il collegamento funzionale (anche se non strutturale) tra forma scritta e registrazione del contratto apparve a tuttora appare particolarmente significativo in tal senso“.

Se, pertanto, se deve ricavare il princpio generale della nullità del contratto di locazione carente della forma scritta, si dovrà tuttavia ricondurre ad unità l’apparente contrasto della particolare previsione del comma 5 dell’art. 13 L. 431/98.

L’art. 13, comma 5 della legge n. 431 del 1998, difatti, testualmente, che «nei casi di nullità di cui al comma 4 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, può richiedere la restituzione delle somme indebitamente versate. Nei medesimi casi il conduttore può altresì richiedere, con azione proponibile dinanzi al pretore, che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 2 ovvero dal comma 3 dell’articolo 2. Tale azione è altresì consentita nei casi in cui il locatore ha preteso l’instaurazione di un rapporto di locazione di fatto, in violazione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 4, e nel giudizio che accerta l’esistenza del contratto di locazione il pretore determina il canone dovuto, che non può eccedere quello definito ai sensi del comma 3 dell’articolo 2 ovvero quello definito ai sensi dell’articolo 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l’alloggio per i motivi ivi regolati; nei casi di cui al presente periodo il pretore stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti».

La norma richiede espressamente che sia stato il locatore ad aver preteso l’instaurazione del rapporto di fatto, e che quindi la nullità del contratto sia a lui attribuibile, mentre il conduttore deve averla solo subita. E non tutti i casi possono rientrare in questa ipotesi, né lo era il caso di specie.

Per poter applicare il comma 5 dell’art. 13, pertanto, il giudice dovrà accertare, da un canto, l’esistenza del contratto di locazione stipulato verbalmente in violazione dell’art. 1, comma 4, della I. n.431 del 1998, e, dall’altro, la circostanza che tale forma sia stata imposta da parte del locatore e subita da parte del conduttore contro la sua volontà.

Si tratta di norma speciale e diretta a derogare il regime generale in funzione della necessità di tutela a cui è diretta. Non se ne può ricavare un principio generale.

Affema ls S.C., infatti, “Non può, pertanto darsi seguito alla tesi, pur sostenuta da parte della giurisprudenza di merito e da alcuni autori in dottrina, secondo cui il collegamento tra l’art. 13, comma 5 e l’art. 1, comma 4, della legge n.431 del 1998 integrerebbe tout court gli estremi della nullità di protezione o relativa anche nel caso l’uso della forma verbale sia stato deciso volontariamente da entrambe le parti contraenti“.

In conclusione, le Sezioni Unite, affermano che il contratto di locazione ad uso abitativo stipulato senza la forma scritta richiesta dall’art. 1, comma 4, della l. n. 431 del 1998 è affetto da nullità assoluta, rilevabile d’ufficio, attesa la “ratio” pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale, eccettuata l’ipotesi in cui la forma verbale sia stata imposta dal locatore, nel qual caso l’invalidità è una nullità di protezione del conduttore, solo da lui denunciabile. 

Fonte: Professione Giustizia

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